La fiscalità dei lavoratori espatriati potrebbe essere incisa dalle modifiche al luogo di svolgimento della prestazione lavorativa causata dall’emergenza legata al COVID-19. In particolare, potrebbe essere compromessa l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. La norma di riferimento presuppone che l’attività sia prestata esclusivamente all’estero e che il dipendente soggiorni nel Paese straniero per più di 183 giorni in un periodo di 12 mesi. Esiste la possibilità di individuare dei correttivi sulla base delle situazioni concrete in cui si possono trovare i lavoratori? E quali sono le azioni che può porre in essere il datore di lavoro, nel corso dell’anno ovvero nell’ambito delle operazioni di conguaglio?