Il lavoratore migrante, che sottoscrive un accordo speciale presso la previdenza sociale di uno Stato membro non può essere obbligato a versare contributi commisurati alla base contributiva minima, di modo che l’istituzione competente di detto Stato, nel calcolare l’importo teorico della sua pensione di vecchiaia, equipari il periodo interessato da tale accordo a un periodo maturato nel medesimo Stato membro e prenda in considerazione, ai fini del calcolo, solo i contributi versati nell’ambito di tale accordo. E’ questa la decisione della Corte di Giustizia UE nella sentenza del 28 giugno 2018 nella causa C-2/17. In particolare, la Corte UE ha precisato che in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare, segnatamente, le condizioni cui è subordinato il diritto a prestazioni pur nondimeno rispettando il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a qualsiasi cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare nell’UE.